Vaidallottico racconta Optovista

Ho sempre amato l’impresa: non solo perchè sono imprenditrice da sempre, ma perchè ho sempre pensato che l’imprenditore sia qualcuno che con il proprio lavoro e le proprie idee crea qualcosa che prima non c’era.

Nutro questa visione ideale che vede l’azienda come un luogo dove si possa creare davvero valore, per le persone, per il territorio, per il nostro paese e per tutta la società. Ovviamente vivo nel nostro mondo e so che non è sempre così, anzi, so che è raro ormai trovare aziende che rappresentino o credano in questo ideale.
Quando mi capita di incontrarne una normalmente mi innamoro della sua storia, ne ascolto il racconto e cerco di viverne lo spirito e il sogno che l’ha voluta.
Con Optovista mi è successo un po’ così: azienda italiana in un mondo, quello delle lenti oftalmiche, dominato da grandi, grandissime multinazionali. Azienda fatta di persone e di tecnologia, di passioni profonde che raccontano lo spirito di questa terra innamorata di donne, motori e buona cucina.
E, come spesso accade, l’intuizione è arrivata prima della conoscenza: ho scoperto dopo, a colpo di fulmine avvenuto, cosa c’era dietro questa azienda, che fino ad oggi non aveva raccontato la propria storia tutta italiana.
Ho passato una giornata a raccogliere le testimonianze di questa storia, mi sono commossa al racconto di Gianni Bordini che ricorda di suo padre che lo salvò dalle macerie della sua casa bombardata facendolo rinascere una seconda volta e che iniziò a farsi realizzare occhiali “ispirati” a un RayBan comprato ad un soldato americano. Ho immaginato lo spirito di un mondo che rinasceva dopo la guerra nel racconto della copertina di Look America con una principessa Grace bellissima, con indosso gli occhiali di Bordini, che rivendica la propria autonomia di donna. Ho sorriso all’idea del primo rappresentante che girava per l’Emilia in bicicletta. Mi sono figurata le strette di mano tra Bordini e Osvaldo Pettazzoni (quando le strette di mano bastavano) che si accordano per organizzare un servizio completo per gli ottici, che comprendesse occhiali, lenti oftalmiche  e laboratorio.
Ho immaginato il nuovo fervore di quando con la guida del figlio di Osvaldo, l’ing. Paolo Pettazzoni, si decise di creare Optovista come la conosciamo ora: tecnologica, bolognese e italiana.
In questo racconto si ritrova la poesia che c’è dietro un prodotto, l’ideale, il sogno,
ed è questo sogno che vi voglio raccontare, con una serie di brevi interviste alla scoperta di una saga tutta italiana che si intreccia, dal dopo guerra ad oggi, con la storia di due famiglie, di una terra fiorente, di tante persone alimentate dal fuoco, pulito, dell’ambizione e dalla certezza che “si può fare”.
Buona visione!
Alessandra Salimbene

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